Assicurazione CPI a protezione del prestito: come funziona e serve realmente?

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Una pubblicità relativa ad una polizza CPI a protezione del prestito

Quando ci si appresta a richiedere un prestito personale o un prestito finalizzato all’acquisto di un bene una delle prime proposte da parte della società finanziaria è sempre quella di una polizza a copertura del proprio prestito da includere nel finanziamento stesso. Queste polizze sono chiamate CPI “Creditor Protection Insurance”.

Premesso che nella cessione del quinto dello stipendio e della pensione queste polizze sono gratuite per il cliente (è la società finanziaria che le sottoscrive per tutelarsi contro il decesso e la perdita di impiego del cliente) per i prestiti personali e finalizzati i rischi che queste polizze coprono sono generalmente Decesso, Invalidità Permanente, Perdita d’Impiego, Inabilità Temporanea, Malattia Grave e Ricovero ospedaliero.

Le prime due garanzie sono di norma valide per tutti i clienti ed in caso di sinistro rimborsano al cliente (o ai suoi eredi) il capitale residuo che serve per estinguere il prestito, mentre le altre dipendono dallo stato lavorativo del cliente e rimborsano allo stesso un certo numero di rate del finanziamento. Per spiegare meglio il concetto un dipendente privato potrà beneficiare della garanzia perdita d’impiego in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, mentre un pensionato potrà usufruire della garanzia malattia grave (o ricovero ospedaliero) ed un libero professionista o dipendente pubblico della garanzia Inabilità Temporanea.

Questo avviene per consentire a tutte le categorie di clienti di poter beneficiare di almeno 3 coperture e di essere assicurati dalla polizza anche in caso di cambio di status lavorativo nel corso del prestito (da lavoratore a pensionato, da dipendente privato a pubblico etc.).

Si tratta di polizze “collettive” che hanno un prezzo uniforme per tutte le tipologie di clientela e hanno un costo che, generalmente, varia dal 3% al 6% dell’importo richiesto, e che dipende principalmente dal numero di garanzie offerte.

Queste polizze hanno, ovviamente, un ritorno economico per le società finanziarie che percepiscono delle commissioni da parte delle società finanziarie. Da Dicembre 2010 è obbligatorio per la società finanziaria dichiarare qual è l’entità del ritorno provvigionale, la cui indicazione è presente sul fascicolo informativo.

Rispondere alla domanda “Le polizze CPI servono realmente?” non è semplice dato che i fattori da considerare sono molteplici.

In particolare il cliente dovrebbe pensare a cosa accadrebbe in caso si verificasse uno degli eventi citati. Sarebbe in grado di restituire comunque il prestito (lui o i suoi eredi) e di farlo senza un grosso sforzo? Questo dipende da un numero altrettanto elevato di fattori tra cui la durata del prestito e l’importo richiesto.

Se per un prestito di 2.500€ da rimborsare in 18 mesi fose non c’è necessità di avere una polizza CPI in un finanziamento da 30.000€ in 120 potrebbe essere utile aggiungere una copertura di questo tipo.

Le polizze CPI sono, lo ricordiamo, facoltative e la società finanziaria non può vincolare l’erogazione del prestito alla sottoscrizione di questa forma di assicurazione (ad eccezione della CQP/CQS dove come detto le polizze sono gratuite per il cliente). Per aderire il cliente deve firmare una “dichiarazione di buono stato di salute” nella quale certifica di non avere malattie pregresse etc.

Il consiglio quindi è quello di avere una posizione aperta verso queste polizze ma anche di verificarne la reale utilità rispetto alla somma richiesta e alla durata di rimborso del prestito e anche a leggere con attenzione i contenuti del prodotto (numero di rate rimborsate, esclusioni dalla copertura etc.) per evitare sgradevoli sorprese nel caso in cui si verificasse in seguito un sinistro.

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